Cassazione civile, sez. III, 24 luglio 2001, n. 10086 (ord.) - Pres. Grossi - Rel. Segreto - P.M. Napoletano (diff.) - Ceam s. r. l. c. Cond. Arcobaleno Via Meli 2 Ferrara
(Art. 11 preleggi; art. 25 l. 6 febbraio 1996, n. 52; art. 1469 bis c.c.) - (Art. 1469 bis c.c.; art. 1117 c.c.; art. 1130;art. 25 l. 6 febbraio 1996, n. 25) - (Art. 1469 bis comma 3 n. 19, c.c.; art. 25 l. 6 febbraio 1996, n. 52; art. 12 d. lgs 15 gennaio 1992, n.; art. 10 d. lgs. 9 novembre 1998, n. 427; artt. 18, 19, 20 c.p.c.;art. 1469-quinquies c.c.)
Contratti in genere - Requisiti (elementi del contratto) - Accordo delle parti - In genere - Nuova disciplina dei contratti stipulati dal consumatore - Efficacia retroattiva - Esclusione - Rinnovazione tacita del contratto successivamente all'entrata in vigore della legge n. 52 del 1996 - Applicabilità - Fondamento.
Contratti in genere - Requisiti (elementi del contratto) - Accordo delle parti - Disciplina dei contratti del consumatore - Contratto stipulato dall'amministratore di un condominio con un professionista - Applicabilità - Fondamento.
Competenza civile - Competenza per territorio - Contratti del consumatore - Clausola contrattuale prevedente un foro diverso da quello di residenza o di domicilio elettivo del consumatore - Nuova disciplina dettata dall'art. 1469 - bis, terzo comma, n. 19 c.c. - Presunzione di vessatorietà - Sussistenza - Introduzione di un foro esclusivo per il consumatore - Esclusione - Inefficacia della clausola vessatoria - Conseguenze - Applicabilità degli artt. 18, 19 e 20 c.p.c..
Gli artt. 1469 bis ss. c.c. - privi di efficacia retroattiva in relazione ai contratti stipulati prima della loro entrata in vigore, in virtù del generale principio di irretroattività della legge - sono applicabili al contratto rinnovato tacitamente successivamente all'entrata in vigore della legge 6 febbraio 1996, n. 52, che con l'art. 25 ha aggiunto, nel Libro IV del codice civile, il Capo XIV - bis contenente detti articoli, atteso che in tal caso si verifica una nuova regolamentazione tra le parti dei loro rapporti, sia pure configurata per relationem sulla base delle precedenti clausole contrattuali, fondata su un reciproco consenso espresso tacitamente, ma in maniera inequivoca.
Al contratto concluso con il professionista dall'amministratore del condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applicano, in presenza degli altri elementi previsti dalla legge, gli artt. 1469 - bis ss. c.c., atteso che l'amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale.
L'art. 1469 - bis, comma 3, n. 19, c.c. introdotto con l'art. 25 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, non fissa - a differenza di quanto altrove espressamente stabilito dal legislatore (art. 12 d.lgs. n. 50 del 1992; art. 10 d.lgs. n. 427 del 1998) - un foro esclusivo per il consumatore, ma si limita a presumere vessatoria, fino a prova contraria, la clausola con cui si stabilisca come sede del foro competente sulla controversia una località diversa da quella di residenza o di domicilio elettivo del consumatore; ne consegue che, stante l'inefficacia di detta clausola e l'efficacia per il resto del contratto (ex art. 1469 - quinquies c.c., divengono pienamente operativi i fori generali, di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c ed il foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione di cui all'art. 20 c.p.c.
1. La Ceam S.r.l. ha proposto regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale di Bologna, depositata, il 6 novembre 2000, con la quale detto giudice dichiarava la propria incompetenza per territorio nella causa tra la Ceam ed il Condominio Arcobaleno, via Meli 2, di Ferrara, sul rilievo che l'art. 1469 bis c.c, comma 3, n. 19, avrebbe introdotto un foro esclusivo in favore del consumatore nei contratti stipulati tra il professionista ed il consumatore.
Rileva preliminarmente questa Corte che la decisione del presente regolamento di competenza dipende dall'applicabilità alla fattispecie in esame dell'art. 1469 bis c.c. (introdotto con legge 6 febbraio 1996, n. 52) sia ratione temporis , sia alla qualificabilità del soggetto contraente (un condominio), quale consumatore, nonché dall'esclusività o meno del foro di residenza del consumatore, di cui al predetto art. 1469 bis , n. 19, c.c..
2. Quanto alla prima questione va, anzitutto, osservato che i nuovi artt.1469 bis ss. c.c., non sono applicabili ai contratti stipulati prima della loro entrare in virtù del principio generale dell'irretroattività della legge (art. 11 preleggi) (Cassazione 29 novembre 1999, n. 13339).
Sennonché in caso di rinnovazione del contratto, se essa è avvenuta successivamente all'entrata in vigore della legge 6 febbraio 1996, n. 52, che con l'art. 25 ha introdotto agli artt. 1469 bis ss., dette norme si applicano al contratto rinnovato.
Infatti, in caso di rinnovazione tacita del contratto, si verifica pur sempre una nuova regolamentazione tra le parti dei loro rapporti, sia pure configurata per relationem sulla base delle precedenti clausole contrattuali, fondata su un reciproco consenso espresso tacitamente, ma in maniera inequivoca.
3.1. Quanto alla seconda questione va osservato che il contratto di manutenzione dell'impianto elevatore installato nell'immobile del condominio venne sì stipulato dall'amministratore del condominio, ma in rappresentanza dei condomini.
Infatti il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti (Cassazione n. 826/1997; Cassazione n. 12204/1997; Cassazione n. 7544/1995). In particolare il rapporto contrattuale oggetto di causa, relativo ad una prestazione di servizi, non vincola l'amministratore in quanto tale, ma i singoli condomini e l'amministratore opera come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini.
Ne consegue che, poiché i condomini vanno senz'altro considerati consumatori, essendo persone fisiche che agiscono, come nella specie, per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, anche al contratto concluso dall'amministratore del condominio con il professionista, in presenza degli altri elementi previsti dalla legge, si applicano gli artt.1469 bis ss. c.c..
3.2. Ne consegue che, ai sensi dell'art. 1469 bis , comma 3 n. 19, c.c. si presume vessatoria, fino a prova contraria, la clausola che stabilisca "come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio eletto del consumatore" e cioè, nell'ipotesi che il consumatore sia un condominio, dalla sede del condominio.
4.1. Con riferimento alla terza questione, va osservato, quanto alle conseguenze della vessatorietà di tale clausola, che all'accertamento della stessa consegue solo l'inefficacia della clausola vessatoria, mentre il contratto rimane efficace (art. 1469 quinquies c.c.).
Non può invece condividersi l'assunto della sentenza impugnata secondo cui l'art. 1469 bis , comma 3, n. 19, non solo individui un'ipotesi di clausola vessatoria presunta nei contratti con il consumatore, ma fissi anche un foro esclusivo per lo stesso, con la conseguenza che, espunta detta clausola vessatoria, non troverebbero applicazione né i fori generali di cui agli artt.18 e 19, c.p.c., né il foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione (art. 20).
Infatti, anzitutto, la norma in questione si limita a regolamentare un'ipotesi di vessatorietà presunta della clausola contrattuale e non a statuire su un foro esclusivo per il consumatore.
Quando il legislatore ha inteso istituire fori esclusivi per le cause del consumatore, come con l'art. 12 del d.lgs. n. 50/1992, per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali, e con l'art. 10 d.lgs. n. 427/1998, in materia di multiproprietà, lo ha fatto espressamente.
In ogni caso è giurisprudenza pacifica che la norma in questione è una norma di diritto sostanziale e come tale si applica solo ai rapporti sorti successivamente alla sua entrata in vigore (Cassazione 29 novembre 1999, n. 13339).
Se la norma in questione istituisse anche un foro esclusivo per il consumatore, in questa parte costituirebbe norma processuale e, come tale, sarebbe di immediata applicazione (Cassazione 21 aprile 2000, n. 5244; Cassazione n. 5235/2000).
4.2. Non si può, pertanto condividere, se non parzialmente in relazione all'operatività della legge, l'orientamento espresso da Cassazione 22 novembre 2000, n. 15101, citata dal P.G. nelle sue conclusioni, secondo cui "in tema di contratti tra consumatori e professionisti, la regola iuris dettata in tema di competenza territoriale dall'art. 1469 n. 19 c.c., secondo la quale la competenza a conoscere della controversia insorta tra le parti si radica presso l'autorità giudiziaria del foro di residenza o domicilio del consumatore, non si applica ai procedimenti instaurati in epoca precedente all'entrata in vigore della norma citata, attesane la natura sostanziale e non meramente processuale".
Infatti è vero che la norma in questione non trova applicazione ai rapporti sorti precedentemente all'entrata in vigore della legge 52/1996, ma ciò proprio perché non introduce un foro esclusivo per il consumatore e quindi è norma sostanziale e non processuale.
4.2. Inoltre, a norma dell'art. 1469 ter , comma 3, c.c., "non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge".
Ne consegue che se la clausola contrattuale relativa al foro competente, riproducesse il dettato dell'art. 20 c.p.c. in tema di foro facoltativo certamente non potrebbe ritenersi vessatoria, indipendentemente dalla circostanza che essa sia stata oggetto di trattativa individuale.
Se il legislatore, nel silenzio sul punto del contratto, avesse ritenuto che il codice di rito tuttavia prevedeva una disposizione (art. 20 c.p.c.) in ogni caso gravosa per il consumatore, avrebbe dovuto prevederne una diversa.
L'interpretazione proposta dalla sentenza impugnata e da parte della dottrina, secondo cui la norma in questione prevede un foro esclusivo per i contratti del consumatore, ancorché derogabile consensualmente a seguito di trattative finisce per essere un'interpretazione abrogante, in siffatte ipotesi, degli artt.18-20 c.p.c., in contrasto con i principi in tema di interpretazione e di abrogazione della legge (artt.12 e 15 preleggi).
4.3. Infatti, anzitutto, quanto sostenuto dalla tesi che qui si contrasta non è previsto espressamente dalla lettera dell'art. 1469 bis , c.c., come è pacificamente riconosciuto.
4.4. Inoltre non può ritenersi che questo principio di diritto processuale (foro esclusivo del consumatore) si possa ricavare dalla ratio della norma o dall'intenzione del legislatore.
é vero che la determinazione del contenuto di una norma può essere tratta dal fine che il legislatore abbia voluto perseguire con essa (Cassazione n. 1697/1981). Sennonché, poiché la norma in questione mira ad individuare ipotesi di clausole vessatorie poste nel contratto tra il professionista ed il consumatore, e poiché la norma successiva dichiara che non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge, il legislatore si è proposto il fine di evitare "vessazioni" da parte del professionista nei confronti del consumatore e contemporaneamente ritiene che le norme, che già si trovano nell'ordinamento, non possono mai integrare detta situazione.
4.5. Né può ritenersi, come pure ritiene parte della dottrina, che nella fattispecie si verserebbe in un'ipotesi di abrogazione per incompatibilità implicita ovvero per nuova regolamentazione dell'intera materia.
Infatti la prima sussiste quando risulti un obiettivo contrasto fra la norma successiva e la norma precedente tale da rendere impossibile la loro contemporanea applicazione, mentre nella fattispecie, come si è detto, le norme in questione (da una parte l'art. 1469 bis , comma 3, n. 19, c.c. e dall'altra gli artt. 18-20 c.p.c.) operano su piani diversi ed hanno diversi oggetti.
La seconda si ha quando la legge successiva costituisca un sistema normativo tendenzialmente completo, che consenta di disciplinare l'intera materia.
Nella fattispecie, come sopra detto, tutte le norme mirano solo ad evitare che il contenuto del contratto tra professionista ed il consumatore presenti clausole vessatorie, ma non regolamentano ex novo la tutela processuale del consumatore, individuando un foro particolare per la tutela del consumatore.
Anzi l'unica norma che ha un contenuto parzialmente processuale (art. 1469 sexies , sull'azione inibitoria) dichiara solo che essa è proponibile davanti al "giudice competente", con recepimento, quindi delle norme già esistenti del codice di rito in materia di competenza.
5. Nella fattispecie, avendo la sentenza impugnata correttamente ritenuto che non era stata superata la presunzione di vessatorietà della clausola contrattuale relativa al foro competente per territorio, poiché va esclusa la sussistenza di un foro esclusivo per il consumatore e, quindi, va ritenuto operativo il foro facoltativo di cui all'art. 20 c.p.c. per le cause relative a diritti di obbligazione, va dichiarata la competenza del Tribunale di Bologna, per inammissibilità dell'eccezione di incompetenza, che, essendo fondata solamente sull'assunta esistenza di un foro esclusivo del consumatore (rivelatosi poi infondato), non ha contestato ulteriormente tutti i fori alternativamente competenti.
In ogni caso, a parte il suddetto profilo di inammissibilità, la competenza del Tribunale di Bologna va anche dichiarata quale forum destinatae solutionis, a norma dell'art. 20 c.p.c.
.. Omissis ...